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martedì 2 luglio 2013

Intervista a Franco Cappellari

Specializzato in reportage geografico e particolarmente attento al colore, Franco Cappellari, fotografo di Venafro, località molisana della provincia di Isernia, collabora con diverse riviste di viaggi ed enti ufficiali del turismo (Argentina, Venezuela, Sudafrica, Cina e così via). Dal suo racconto traspare l'importanza che sia il viaggio sia la fotografia rivestono nella sua vita professionale e non solo. Nikonista da sempre, si dedica anche alla fotografia sportiva, prediligendo gli sport d'azione, in particolare il rugby. Ama fare trekking, quindi lunghe passeggiate in montagna, andare in mountain bike e degustare vini (bianchi in estate, rossi in inverno). Autodidatta – l'interesse per il vino gli è stato tramandato dal padre – sarebbe probabilmente diventato un sommelier se non fosse stato definitivamente rapito dalla fotografia.

Sul tuo sito web si osservano bellissime fotografie aeree. Rientrano in un particolare progetto?
Più che di un solo progetto parlerei di progetti e committenti diversi. Delle immagini aeree che vedi pubblicate sul mio sito, alcune mi sono state per esempio commissionate dall'ente del turismo keniota per la realizzazione della campagna europea del Kenia.
Ho avuto qui la possibilità di sorvolare diverse aree, per quattro ore, a bordo dell'elicottero dei guardiaparco. Una esperienza indimenticabile anche perché la fotografia aerea è una delle mie più grandi passioni. Abbiamo quindi osservato dall'alto la Rift Valley e i laghi del Kenia, con milioni di fenicotteri che abbellivano ulteriormente il paesaggio. Oltre a questa esperienza, ne ho vissute altre simili in Venezuela, in Colombia e a Panama.

Ci si sposta sempre a bordo di un elicottero?
No, a volte si fotografa dall'aereo, altre volte dalla mongolfiera. In Venezuela ho volato a bordo di un Cessna.

Ci sono differenze fra un mezzo e l'altro? Dal punto di vista fotografico intendo...
Sì, qualche differenza c'è. La mongolfiera si sposta più lentamente, produce meno vibrazioni rispetto a un aereo o a un elicottero e soprattutto ti consente di lavorare in silenzio. Dal punto di vista tecnico quindi, cambiano le impostazioni della macchina da un mezzo di trasporto a un altro.


Tu quale preferisci?
L'elicottero, perché ti permette spostamenti rapidi e in ogni direzione, e di fotografare rimuovendo il portellone e utilizzando un'imbragatura. Si ha così un ampio raggio d'azione.

Hai in programma di fare altre fotografie aeree?
Assolutamente sì. Il progetto che ho in mente e per il quale ho già iniziato a lavorare, consiste nella pubblicazione di un libro composto di soli scatti aerei ripresi qui in Molise. Potrebbe chiamarsi “Molise from the Sky” ma non l'ho ancora deciso.

Dalle tue immagini traspare una grande passione per i viaggi. Esistono situazioni favorevoli e altre che lo sono meno?
Mi piace molto viaggiare, è vero. E mi ritengo fortunato perché durante i miei viaggi ho la possibilità di mettere in pratica l'altra mia passione, la fotografia. Due aspetti della mia vita, quindi, strettamente legati. Quanto alle situazioni più o meno favorevoli allo scatto, soprattutto quando sei lontano, direi che sono legate alla tranquillità del luogo, o al contrario, alle tensioni sociali o alla sua difficile situazione economica. Non ho mai vissuto per fortuna situazioni di grande disagio, forse perché, almeno in alcuni luoghi, come il Venezuela, faccio attenzione a muovermi con le dovute cautele.

Il Venezuela quindi richiede attenzione?
Sicuramente. Diciamo che se non hai alle spalle una scorta, diventa davvero difficile fotografare e soprattutto tornare sani e salvi a casa. Sai bene quanto Caracas, la capitale, sia pericolosa. Ricordo uno dei primi viaggi fatti per la Venetur, nel 2010, ente governativo del turismo venezuelano. Ci era proibito uscire dall'hotel senza la scorta, ci si muoveva in auto con i vetri oscurati e con mille precauzioni. Se consideri che lì si usa violenza per derubare il malcapitato di turno del telefonino o degli occhiali da sole, puoi immaginare cosa possa scatenare una fotocamera di valore.



Turisticamente parlando, potrebbe fare di più?
Molto, ma molto di più. Considerare enorme il potenziale turistico del Venezuela è riduttivo. Stiamo parlando di uno dei posti più belli del mondo, in termini paesaggistici e quindi fotografici. E non è solo lo splendido Mar dei Caraibi su cui si affaccia a renderlo tale: il Venezuela ha nella sua parte interna autentiche meraviglie naturali vedi la laguna delle cascate di Canaima nello stato del Bolivar. Senza considerare che sono i principali esportatori di petrolio al mondo: con la Fiesta da me affittata nell'ultimo viaggio, facevo il pieno con soli 50 centesimi.

Dove invece senti di esprimerti al meglio?
Mi sono trovato benissimo in Canada, in Argentina e in India. E anche in altri paesi come il Kenia e il Sudafrica. È importante ovunque usare il classico buon senso e svolgere il lavoro di fotografo con la giusta serenità.

Ho l'impressione che tu faccia poco uso del bianco e nero? Sbaglio?
No, non sbagli. A me piace il colore perché il mondo... lo vedo a colori! Credo che i colori siano quanto di più bello abbia creato il Padre Eterno. Ritengo che tanti posti meravigliosi della terra, ma anche tanti paesaggi italiani, perderebbero molto se fossero privati del colore. Certo esistono situazioni in cui si può rendere bene in bianco e nero, ma occorre trovare il soggetto giusto.

Del tipo?
Tipo i ritratti e alcuni paesaggi, semmai con cieli nuvolosi, quindi un po' drammatici. Ritrarre in bianco e nero un cielo terso, azzurro, ha veramente poco senso. 


Noto che da anni collabori con diverse riviste di viaggi? Quanto credi che sia cambiato nel tempo l'approccio alla fotografia da parte degli editori?
È cambiato molto e non sempre in meglio. Tra social network e siti web di confronto e condivisione fotografica – Flickr per farti un esempio -, diventa facile trovare fotografie on-line senza alcuna spesa o a fronte di costi molto bassi. Tutto ciò complica l'attività di noi fotografi che abbiamo sempre più difficoltà a vendere il nostro lavoro, seppur di alta qualità. Vanno inoltre scomparendo gli editori che commissionano lavori ben precisi per cui tocca a noi fotografi proporre e attendere una risposta positiva. Se consideriamo il segmento turistico, sono nate tante riviste di cui sinceramente non ricordo neanche i nomi, che non badano certo alla qualità, né dei testi, né delle immagini. È questo l'andazzo degli ultimi tempi.

Sembri un fotografo davvero versatile. Da quale genere fotografico ti senti particolarmente attratto e da quale meno?
Personalmente penso che un fotografo che voglia definirsi tale, debba essere in grado di fotografare, più o meno bene, in tutte le situazioni. Non metto in dubbio tuttavia che a ognuno resti la propria specializzazione, nel mio caso il reportage di viaggio e in seconda battuta lo sport, il rugby in particolare. Se dovessi citarti invece un genere di fotografia con la quale non mi cimento, è la fotografia di matrimonio. La fotografia devo sentirla dentro altrimenti preferisco non scattare. Ho fatto in tutto tre matrimoni in vita mia, di cui due di amici, senza compenso ma per puro piacere, e uno, a Roccamandolfi (comune del Molise, ndr), perché in costume d'epoca. È stata questa un'esperienza particolare, voluta dallo sposo, Tonino Scasserra, storico del costume, poiché tutti gli invitati erano vestiti secondo lo stile molisano antico.






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