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lunedì 31 ottobre 2011

Autumn Contamination ... arte e contaminazioni a Campobasso




Dal 24 novembre al 4 dicembre l’AxA, l’open space della Palladino Company, ospiterà la rassegna Autumn Contamination, ideata e organizzata da Luca Basilico. Il progetto, innovativo e al tempo stesso quasi utopico per la realtà campobassana, attraverso la strada della contaminazione cerca di offrire ai visitatori una serie di proposte artistiche che spaziano dall’arte alla musica, dalla moda al cinema, dalla fotografia alle arti sceniche. In quanto piattaforma aperta all’interazione e alla sperimentazione l’evento si strutturerà su più livelli in modo da parlare contemporaneamente alle istituzioni, agli addetti ai lavori e al semplice pubblico chiamato a vivere la manifestazione che, ogni giorno, offrirà spunti diversi. Non solo quindi la semplice esposizione ma anche performance, rassegne di videoarte, dibattiti e incontri, workshop, presentazione di idee e proposte dove l’arte, in senso più esteso, è intesa come realtà liquida che pervade la società contemporanea e che, appunto perché sfuggente e spesse volte non classificabile, è da rinvenire in tutta una serie di fenomeni “di massa” e non. Il secondo principio della termodinamica recita che non si crea dal nulla; assodato questo tutto sta allora nel saper manipolare il materiale offertoci dalla natura e dalla nostra condizione presente irrimediabilmente interrelata con una moltitudine di dinamiche “basse” o “alte”, ovvero saper contaminare. La parola contaminazione è diventata oggi simbolo di creatività, di nuove modalità di produzione di esperienze e il suo inserimento nel titolo della rassegna deriva appunto dal fatto che le differenti espressioni artistiche, muovendosi attraverso vari tipi di media, contribuiscono ad ogni passaggio con nuove e inconsuete informazioni all’esperienza dell’utente. Negli anni Novanta il panorama dell’arte cambia radicalmente in relazione con il mutato clima culturale, sociale, politico. Il rinnovato interesse per le microstorie, per il quotidiano, per ciò che è immediatamente vicino, la riscoperta della dimensione intima e la necessità di tenerne conto parlando del sociale, sono alcuni degli atteggiamenti che, in questi anni, riemergono diffusamente. La pratica artistica contemporanea pertanto è sempre più segnata dal desiderio di lavorare sulla realtà, con strumenti considerati tradizionalmente secondari come fotografia, video e performance. Poiché raccontare l’immaginario e la realtà quotidiana comporta un costante rapportarsi col mondo nella sua interezza, la tendenza a sommare e decostruire è sempre più forte grazie anche alle inedite possibilità offerte dalla tecnologia che, rilanciando l’interazione creativa tra le diverse arti cercata da molte utopie estetiche moderne (dalle performance intermediali alle varie declinazioni dell’arte elettronica), permettono un allargamento della visione con relativo emergere del dettaglio e del particolare decontestualizzato e alterato. Contaminare, dall’accezione negativa, è diventato oggi un termine cardine per decifrare l’arte e l’idea di una “contaminazione estetica”, incentrata sui concetti di pluralità e relazione, può fornire alcune direzioni di senso ad un evento, Autumn Contamination, che si pone quale “avvenimento” di rottura e di confine. Un evento che cerca di superare la rigida dicotomizzazione tra “noi” e gli “altri”, ovvero tra gli addetti, tra virgolette, del settore e il resto della collettività che percepisce l’arte in maniera distratta o se ne sente così distante da evitare qualsiasi confronto. Come scrive infatti lo stesso Luca Basilico, organizzatore della rassegna, “Autumn Contamination è sinonimo di Cultura Contaminata… Esso si propone come un nuovo modo di concepire l’offerta non più radicata a preconcetti schematici con i quali si arriva a categorizzare e delle volte separare drasticamente le discipline, ma al contrario, vuole fare un’operazione che porta ad una totale contaminazione, abbassando tutte le barriere e lasciando che la creatività, la ricerca e la sperimentazione facciano da linee guida per la realizzazione di tale prodotto. Non è solo un’esposizione di opere artistiche ma è anche un momento di crescita, di svago e di socializzazione, grazie alle sue numerose attività collaterali.

Data la molteplicità degli eventi, andando nel dettaglio, cercherò di elencare le proposte più interessanti. Riguardo alla mostra vera e propria nella rassegna troveranno posto le installazioni di Susanne Kessler, artista di livello internazionale che per l’occasione allestirà un lavoro in tema con la condizione “autunnale”, i minimali lavori Andrea Martinucci, i grandi pannelli Giacinto Occhionero, figurativi eppur visionari nel loro sconfinamento nell’onirico, le installazioni di Mariagrazia Colasanto, le ipotesi cromatiche dell’artista americano Joe Bussell, le tele di Luca Pop dall’esuberante grafica desunta dalla street art. Due le performance durante i dieci giorni: due project interattivi di Michele Mariano (Me Myselfi I e Trigger) e l’esibizione di Stefano Cirillo che si cimenterà in un’operazione di live painting con le musiche del duo sound-B color. Il live di Mess too e l’esibizione dell’orchestra Tartini in un Vivaldi project si strutturano come vere e proprie performance audiovisive.

Uno spazio è riservato alla fotografia con Marla Lombardo e gli scatti degli artisti dell’OcchiRossi di Roma, progetto collettivo, declinato anche in festival, che promuove cultura fotografica indipendente.

Tra i fotografi: Baldi e Baciarlini, Gianluca Distante, Federico Cau, Giorgia Pecci, Flavia Culcasi, Daniele Baldi, Alessandra Dinatolo, Miriam Di Domenico. Interessante anche il settore dedicato alla videoarte con un’apposita sezione allestita con i video di Igor Imhoff, Riccardo Arena, Lino Strangis (che per l’occasione proietterà un’opera prima e realizzerà lo spot dell’evento), già direttore del C.A.R.M.A. (centro di arti multimediali di Roma), e altri in via di conferma in quanto selezionati da un’importante festival (Arte Video Roma Festival). Tutti i video durante una serata saranno ricomposti in una vera e propria installazione collettiva che coinvolgerà l’intero spazio espositivo. L’offerta è arricchita dalla presentazione dei progetti Cineama di Roma che per l’occasione in anteprima farà proiettare il film “Una separazione” premiato a Berlino e MoliseCinema con i suoi cortometraggi, ai quali sarà dedicata una serata out door al cinema Alphaville.

Anche la moda non potrà mancare in questo ricco cartellone e una serata sarà dedicata alla presentazione della collezione THESIGN di Luciano Parisi, direttamente dallo IED di Milano.

Altro punto forte della manifestazione sono gli incontri e i workshop, vere e proprie tavole rotonde dove parleranno e si confronteranno gli operatori del settore. Tra le varie tavole rotonde una, sul tema dei nuovi linguaggi dell’arte, metterà di fronte il prof. Lorenzo Canova, docente di arte contemporanea dell’università del Molise, Daniele Ferrara, sovrintendente per i beni Storico-Artistici del Molise, e l’artista molisano Achille Pace.

Molto interessante la serata con l’incontro di diverse realtà molisane che operano nell’arte contemporanea e moderna: la galleria Officina Solare di Termoli, la galleria Limiti Inchiusi di Campobasso, la rassegna Matriceart, la rivista Archeomolise.

La sezione work shop/presenta il progetto mira invece a dar spazio e visibilità a tanti progetti innovativi che si sono realizzati in regione, facendo parlare direttamente gli organizzatori e gli ideatori.

Ecco allora la presentazione al pubblico del riuscito Draw the line, festival di street art messo in piedi dell’Associazione Malatesta, o del mensile free press Zenit Magazine.

Tutto l’evento prodotto da Palladino Company vedrà tra gli sponsor tecnici il pastificio LaMolisana, che si occuperà della gastronomia durante il vernissage, Acqua Sepinia, Caffè Camardo, Centro del Molise, vini Colle Sereno, UniCredit.

Tra gli sponsor istituzionali la provincia di Campobasso e il Comune di Campobasso.

Sponsor tecnico Trenitalia.

Media Partner: Zenit Magazine, Movoloco ed EQUIPèCO.

Il progetto, complesso nel suo insieme ma incredibilmente dinamico, è in realtà un’unica entità organica che mira a crescere e radicarsi sul territorio. La stagione autunnale, spesse volte priva di eventi in quanto mesto periodo di passaggio, si presta a farsi contaminare da questa ricca proposta d’arte e cultura.

GET CONTAMINED!!!

Tommaso Evangelista

p.s. presto il programma definitivo

sabato 22 ottobre 2011

Sten e Lex e Erikailcane a Draw the line

Il riuscitissimo Draw the line, street art festival realizzato dall'Associazione Malatesta, ha dato alla città Campobasso un incredibile patrimonio di arte urbana di altissimo livello. I nomi più importanti della street art mondiale hanno infatti realizzato splendidi murales trasformando e riqualificando interi luoghi (come il terminal bus). A conclusione dell'evento, dopo Blu, Roa, Pixel Pancho, ecco i lavori di Erikailcane, che ha operato il restyling del mercato coperto di Campobasso, e di Sten e Lex. I due video in basso mostrano la realizzazione delle loro opere.



martedì 18 ottobre 2011

le Mappe cognitive di Nicola Dusi

L’artista adotta sulla tela una sua personale tecnica di impressione del colore che comporta una disgregazione delle forme a vantaggio dell’emergenza di paesaggi mentali caratterizzati dall’ossessione per il colore rosso e dall’intervento mimino dell’artista che, lavorando sulle lastre preparate, riesce a far si che queste lascino sul quadro delle tracce minimali ed espressive. In queste impronte, apparentemente irrazionali ma pervase da un’ossessiva ricerca di ordine ed equilibrio, l’occhio ritrova luoghi minimali, figure “batteriche”, scansioni geometriche e macchie. Non bisogna guardare in questo caso all’espressionismo astratto, troppo preso dall’irrazionalità del gesto, bensì ad opere (e penso in particolare ai grandi sudari di Nitch) dove forte è l’idea di agire sulla materia, quasi con spirito antropologico. Modello imprescindibile di fissazione di un’immagine è naturalmente la Sindone dove carne e sangue diventano i mezzi dell’impressione. Non volendo agire sul mistero del Lenzuolo, bensì guardando all’oggetto-icona, l’artista opera producendo impronte intese come segni mnemonici.

Ecco un'interessante intervista all'artista le cui opere sono in mostra all'Istituto Italiano di Cultura di Barcellona (comunicato)


mercoledì 5 ottobre 2011

Art Linking Project

Reportage dalla mostra Art-Linking-Project inaugurata domenica 2 ottobre e visitabile fino al 30 ottobre presso la galleria Limiti Inchiusi a Campobasso. Il progetto, curato da Silvia Valente, cerca di scostarsi dalle normali procedure curatoriali per proporre una selezione di artisti derivata da un processo in divenire. Gli artisti invitati dalla curatrice (Fausto Colavecchia, Barbara Esposito, Emanuela De Notaris, Nicola Macolino, Mariagrazia Colasanto), infatti, si sono avvalsi della facoltà di poter scegliere altri artisti partecipando così alla selezione e alla strutturazione dell'evento. L'idea di fondo è quella di un monitoraggio dell'ambiente artistico molisano anche se non è esclusa la carica ludica di un sistema in costruzione che, teoricamente, potrebbe proseguire all'infinito attraverso questa serie di link che vanno a creare un vero e proprio albero genealogico dell'esposizione. 



Elio Franceschelli

Valentino Robbio

Cinzia Laurelli
Luca Manes

Letizia Lomma

Azzurra De Gregorio

Roberto D'Andrea

Simona Materi

Nicola Micatrotta

Vincenzo Merola

Vincenzo Mascia

Emanuela De Notaris

Paolo Borrelli

Dario Palumbo

Mariagrazia Colasanto


Carlo Parente

Cinzia Laurelli

Fausto Colavecchia

Nicola Macolino

Dante Gentile Lorusso


sabato 1 ottobre 2011

Codice Lapidario - Luciana Picchiello a Santa Maria delle Monache


Codice Lapidario è una mostra dell'artista Luciana Picchiello da poco conclusasi a Isernia, presso il complesso di Santa Maria delle Monache, e che prende il nome dall'opera che si vede qui sotto. Come fosse un reperto lapideo Picchiello presenta il suo codice fiscale quale ultimo (o unico) segno di riconoscimento moderno; richiamandosi alla tradizione delle epigrafi romane, anche quelle difficilmente comprensibili perchè con parole abbreviate e contratte, l'artista non fa che veicolare il suo nome e i suoi dati attraverso un mezzo antico ma con una codificazione moderna. Il fatto che l'opera sia inserita nel museo archeologico di Santa Maria delle Monache accresce questo confronto/differenza con i reperti originali che, tra l'altro, sono in dialogo con altre installazioni. Il richiamo all'antico è forte, come la voglia di rapportarsi con il reperto in quanto segno del passato. Interferenze e raffronti poetici, rotture di segno e slittamento di significato, incontri inaspettati come nei "reperti" in terracotta dove la pittrice inventa e riesamina una serie di linguaggi (inaspettati), frutto di codici personali, verosimili tracce di una contemporaneità che guarda alle forme più immediate e contratte del passato. Non c'è nostalgico interesse in questa operazione ma solo desiderio di vivere la Storia e le sue Forme con un sentire personale.















L'arte contemporanea è relativa

Testo a commento della collettiva Vita d'autunno organizzata dall'Officina Solare Gallery ed inserita tra gli eventi della Settima Giornata del Contemporaneo dell'AMACI.


L’arte contemporanea è relativa.

L’occasione della Settima Giornata del Contemporaneo promossa dall’Amaci e alla quale aderisce anche l’Officina Solare è un’ottima opportunità per proporre all’attenzione del pubblico le opere della galleria, opere che visualizzano un cammino fatto di mostre ed eventi come anche un impegno costante nella valorizzazione del contemporaneo in una realtà, il Molise, dove è quasi assente la volontà di creare un sistema virtuoso dell’arte e dove in ogni attività sembra quasi di ripartire da zero. E’ questa anche l’occasione per riflettere sullo stato dell’arte in regione e non solo poiché se si organizza una giornata del contemporaneo significherà anche che a livello nazionale le cose non sono tutte rosa e fiori. Dopo il boom di musei d’arte contemporanea negli anni ‘90, dai fantasiosi acronimi, si è registrato un costante calo di investimenti sostituiti da sempre più invasive campagne di marketing per far fronte alla scarsa presa sul pubblico. Direttori e curatori, da idealisti e intellettuali, sono diventati cortigiani del sistema promuovendo l’ovvio per la ricerca del profitto mentre i musei sono diventati affari di famiglia (anche politica) in una rete di potere e legami che dai luoghi espositivi arriva alle aste e ai collezionisti. Pochi giorni fa Luca Beatrice, su Il Giornale, criticava giustamente la quantità di fondi che si stanno spendendo per la grande rassegna sull’Arte Povera che, diventata ormai “pura accademia travestita da concettuale per la smania di pochi collezionisti”[1], non attrae più il pubblico mentre attrae ancora gli speculatori e allora giù con rassegne strapagate e con Rivoli che, da più importante polo del contemporaneo in Italia, sembra diventato un circolo di famiglia sotto la guida di Andrea Bellini e Beatrice Merz. 


Ma gli esempi sarebbero tantissimi: dalla crisi del MADRE a Napoli al livellamento estetico operato dal Padiglione Italia di Sgarbi, dal crollo delle galleria al programma insignificante del MAXXI che sembra vivere esclusivamente in funzione della propria architettura. E se ci spostiamo alle Fondazioni il clima non cambia. Come scrive sempre Beatrice L’estensione della famiglia nel mondo dell’arte si chiama Fondazione. Ovvero: ho un bel nome, metto su un progetto culturale e me lo pagate voi. All’opposto di ciò che accade in America, dove i ricchi finanziano l’arte, in Italia i milionari chiedono soldi pubblici per foraggiare le loro imprese cui frega a pochi, ma se qualcuno fa osservare che non ce n’è più si prende insulti o una mutanda in faccia”[2]. Il momento è delicato e apparentemente senza vie di fuga; del resto anche l’arte moderna non se la passa bene: Il ministero dei Beni culturali ha definito un “evento di portata storica” la spedizione a Cuba di un ‘Caravaggio’ che non è di Caravaggio; un alto prelato italiano sta cercando di spedire la Madonna di san Giorgio di Giotto a Mosca per ‘impreziosire’ le celebrazioni legate all’edizione dei testi di un concilio dell’VIII secolo; la Velata di Raffaello parteciperà al Ballo del Giglio del 2011, in un albergo di Montecarlo; i Baccanali Ludovisi di Tiziano saranno esposti ad Arcore, nella sala del bunga bunga, per evidenti affinità iconografiche. Una sola di queste notizie è falsa: ed è l’ultima. Ma è falsa solo perché i Baccanali appartengono al Prado, che è un museo serio di un paese serio”[3]. Si tratta dell’incipit dell’articolo dello storico dell’arte Tomaso Montanari che, dalle colonne del Fatto Quotidiano, condanna l’ennesima operazione commerciale e pubblicitaria, il prestito della Velata di Raffaello, messa in piedi da una politica che ha perso da tempo il concetto di tutela e considera il capolavoro, che per diritto fa parte della comunità, una sorta di ambasciatore da far viaggiare in giro per eventi mondani.


E l’idea di noleggiare a privati le opere d’arte che appartengono alla collettività rappresenta eloquentemente il tono morale e il livello culturale dell’Italia del tardo berlusconismo: al punto che l’uomo simbolo di questa mirabile congiuntura, l’onorevole Domenico Scilipoti , ha trasformato questa idea in una proposta di legge per cui “le opere d’arte, inclusi reperti archeologici e similari, possono essere offerti in noleggio per un periodo prefissato di dieci anni tramite asta pubblica da gestire per via telematica”. L’obiettivo sarebbe quello di “valorizzare le opere d’arte che giacciono inutilizzate o sottoutilizzate in depositi museali o in altre sedi, promuovendo, attraverso il loro noleggio per un periodo decennale, l’arte e la cultura italiane nel mondo e, allo stesso tempo, contribuendo a ridurre il debito pubblico”… E non si sa davvero se sia più madornale la bestialità di pensare che le opere d’arte si debbano “utilizzare”; quella di considerare i depositi dei musei non quei magazzini di sapere e di storia che sono, ma cantine polverose e inutili; oppure l’idea che uno partecipi a un’asta telematica e poi si veda consegnare a casa – non so – una Immacolata in marmo del Seicento, un polittico a fondo oro del Trecento o un set di vasi greci. Ma ancora: uno potrebbe noleggiare un fonte battesimale romanico per il battesimo del nipotino, un’alcova barocca per la prima notte di nozze, una scultura del Novecento per un cocktail in giardino (No Arturo Martini, no party). Ma, al di là del folklore , ciò che nella proposta di legge Scilipoti, si legge benissimo è il principio di fondo: privatizzare, selvaggiamente, il patrimonio artistico di questo Paese”[4]. Chiusa parentesi sul moderno non si può non notare come assistiamo ad una situazione degenerata col contemporaneo che da una parte cerca di tenere in vita istituzioni, concentrando quei pochi fondi ancora a disposizione, e dall’altra appare sempre più incapace di comunicare, vuoto e autoreferenziale, tenuto in vita esclusivamente dall’unicità dell’evento che sembra proporre, mentre poi tutto finisce alla chiusura del vernissage.


Jean Clair, storico dell’arte francese e stimato intellettuale, aveva anticipato la catastrofe dell’arte nel testo “Critica della modernità” ed oggi, dal limite del post-moderno, torna su quelle considerazioni con il libro da poco uscito in Francia “L' hiver de la culture” (“L’inverno della cultura”). Nel “nostro” inverno, la cultura non è più spazio di una religiosità laica, né strumento per “rendere il mondo abitabile”, conducendo verso “una trascendenza al di là delle parole”. A prevalere è una logica mercantile. Clair spiega: “Siamo stati riportati a terra, tra paesi desertificati”. Dunque, addio cultura. “Resta solo il culturale: che è simulacro, imbroglio, scarto, parola di riflessi condizionati, dispersione, vaporizzazione”. Il passaggio dalla cultura al culturale (o culturame) è di fatto una riduzione sostanziale, è perdita dei fondamenti a vantaggio di una piattezza massificata, è l’abbandono della lotta e del tentativo di creare sistema. La “religione” dell’arte che ha smarrito la pratica trova in un finto culto di maniera il proprio status; le mostre blockbuster sono affollate come supermercati, le Biennali somigliano a discariche, il museo diventa una marca di lusso e si quota in borsa, l’arte è ridotta ad evento per attirare le folle, gli artisti studiano strategie di comunicazione e marketing, il mercato crea il valore dell’opera[5], i giudizi della critica sono ininfluenti in una realtà dominata dagli investimenti speculativi e il pubblico si illude di partecipare alla Storia mentre condivide solo divertimento. L’arte contemporanea è un “evento” spesso inutile, di forte impatto, certo, ma che poco ha a che fare con l’idea di cultura ed in questo si dimostra molto più conservatrice di tante altre forme di comunicazione. Sarebbe opportuno un diverso atteggiamento meno ipocrita, uno scavo intelligente in quel sottobosco magmatico e spesso semisconosciuto che la contemporaneità ci mette a disposizione, un’analisi oggettiva dei dati partendo dal territorio. l’Officina Solare nella realtà molisana, ma in generale tutte quelle associazioni che operano nelle zone marginali e di confine, ha dalla sua la volontà di uscire fuori dal sistema; non cerca l’evento ma tenta di creare insiemi muovendosi in quel limite, spesse volte difficile da rinvenire, tra dilettantismo e progettualità artistica autentica promuovendo l’artista in quanto uomo.
Nella misura in cui il valore, che oggi non è mai valore estetico, dovrebbe emergere dalla lunga durata il ruolo di una galleria, piccola o grande che sia, dovrebbe essere esclusivamente quello della ricerca, della documentazione e dell’indagine capillare; se per valore, però, intendiamo una “performance economica” dell’oggetto, frutto di operazioni speculative e passaggi, più o meno velati, in mostre-evento l’opera diventa prodotto e con essa anche lo spazio diventa creatore di merce. E così mentre si preparano eventi i musei diventano luoghi di transito di opere in giro per il mondo, i collezionisti si scambiano favori con le istituzioni, dagli storici dell’arte si passa ai curatori detentori, spesse volte, di una conoscenza solo procedurale e mai speculativa,  il pubblico si smarrisce. Attratto dalla curiosità, incapace di guardare e comprendere le opere del passato (diventate ormai sistemi chiusi in assenza di risorse per la valorizzazione, mentre la Storia dell’Arte pian paino sparisce dalle materie scolastiche), pensa che sia più facile relazionarsi con l’opera contemporanea poiché illuso di essere lui il centro di un fenomeno creativo e comunicativo. Se è lo sguardo che crea l’opera ciò elimina il senso di colpa derivato dalla non comprensione ed annulla ogni sforzo interpretativo. Nel semplice guardare perdiamo la nostra autonomia, nel semplice commercio speculativo l’opera smarrisce la sua aura, nel vuoto esporre il museo diventa un’industria che trasforma l’arte in spettacolo. Oggi, dovunque, ritornando a Clair "prevale sempre la logica dell'evento spettacolare"; in nome del denaro l'arte è ridotta ad evento per attivare le folle, ma "non è questo il modo di democratizzare l'arte, questo è solo massificazione" dannosa che potrebbe essere evitata diffondendo e intensificando lo studio della "Storia dell'arte nelle scuole, affinché tutti abbiano gli strumenti culturali per comprendere le opere…l'opera esige, sempre, una sintonizzazione culturale, senza la quale risulta incomprensibile”. Ma, aggiunge opportunamente il critico francese "anche il mercato dell'arte prima o poi rischia di crollare. Un crac metterà fine alla bolla speculativa”. E forse la speranza sta proprio in questa crisi in quanto il capitalismo si è rivelato non solo ingiusto ma anche inefficace ed effimero: non solo seleziona proposte discutibili da un punto di vista della qualità, poiché si serve di un sistema schiavo del profitto e della raccomandazione, non solo è costretto ad “affittare” i propri capolavori a privati senza consapevolezza, non solo sminuisce la cultura riducendola a prodotto, ma non produce nemmeno ricchezza, non garantisce posti di lavoro ai professionisti del settore, mortifica l’arte, distrugge la tradizione e la Storia. Siamo del resto in un momento di svolta epocale: la recessione, se non condurrà ad una folle crisi del debito con relativo impoverimento generale e repressione sociale, porterà ad una revisione di tutto il sistema economico neoliberista, e anche la fisica non sta tanto bene. Col recente superamento della velocità della luce, infatti, l’universo (e anche l’arte) perderebbe molti dei suoi attuali vincoli. Sarebbe addirittura possibile violare il tempo che non avrebbe più una struttura lineare ma deformata: superando infatti la velocità della luce secondo la legge di Einstein un corpo arriverebbe in un punto B prima di essere partito in un punto A. Questo implicherebbe anche fenomeni come la sovrapposizione di piani spaziotemporali diversi o che ciò che è stato non svanisce nel nulla e ciò che sarà esiste già. 


Ed implicherebbe anche che io, dopo aver scritto tutta questa predica, mi ritrovi a curare una Biennale con le solite opere commerciali per i soliti collezionisti e speculatori.
Tommaso EVANGELISTA


[1] L. Beatrice, Con l’arte povera si diventa ricchi e potenti, in “Il Giornale”, 17 agosto 2011.
[2] Cit.
[3] T. Montanari, Velata o Velina? Raffaello, un escort al ballo di Montecarlo, in “Il Fatto Quotidiano”, 25 settembre 2011.
[4] Cit.
[5] A riguardo riporto un brano tratto da Dialogue avec les morts, autobiografia di Clair “L’asparago dipinto da Manet e la cipolla dipinta da Chardin non hanno prezzo. Non nel senso di un prezzo esorbitante, come le fragole in inverno, ma senza prezzo. L’aneddoto di Manet e di Ephroussi si riferisce appunto a questa impossibilità di assegnare un prezzo all’arte. A Ephroussi che chiede il prezzo di un quadro che raffigura un mazzo di asparagi, Manet risponde che costa ottocento franchi. Ephroussi rifiuta; non paga mai meno di mille franchi per un quadro. Manet rifiuta a sua volta: non ne vuole più di ottocento. Ephroussi insiste e gli mette in mano mille franchi. Poco dopo, Manet invia al generoso collezionista un piccolo quadro di un asparago, tutto solo, come un commerciante, all’ultimo minuto, al mercato, aggiunge un pomodoro o una mela al cesto della donna di casa. L’arte di oggi funziona sul principio opposto: ha un prezzo, spesso smisurato, ma è priva di valore”.

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