L’ARATRO presenta una mostra personale di Nino Barone (nato a Termoli nel 1955 dove vive), artista che conduce da molti anni una ricerca su un’astrazione attraversata da un rigoroso senso della geometria e da un sentimento lirico del colore e del movimento delle forme.
La mostra comprende una breve selezione antologica di lavori dal 2005 al 2010 e l’ultimissimo ciclo di opere realizzate negli ultimi mesi dal pittore appositamente per questa mostra.
Il progetto espositivo vuole infatti mettere in risalto il percorso di sublimazione e di rarefazione del colore che Barone ha compiuto negli ultimi anni fino ad approdare ai risultati più recenti, dove, in una sorta di ironico e simbolico safari pittorico di caccia al colore, che dà il titolo alla mostra, le geometrie si condensano in pochi elementi diagonali che attraversano lo spazio bianco del supporto come presenze dinamiche di grande intensità visiva.
In questo senso, Barone ha condensato e reso quasi monumentale l’alfabeto segnico della sua pittura precedente ampliando le dimensioni e la forza delle forme geometrizzanti colorate e delle linee nere che s’intrecciano nello spazio pulsante di queste opere che costituiscono un approdo di grande severità formale e di vibrante felicità cromatica.
Inaugurazione mostra 26 gennaio 2012 ore 18
Cromosafari. Già dal titolo si intuisce come questa mostra non sia altro che un viaggio: viaggio nel colore e, per riflesso, anche nella forma. Viaggio nella poetica degli artisti che, quando non si limitano a proporre maniere standardizzate ed affermate, sono sempre persi nella rielaborazione delle loro idee di fondo, idee che generano poi mutamenti nella struttura delle opere le quali, se osservate da lontano e tutte insieme, rivelano poi i vari passaggi o transiti dell’anima sulle tele in un determinato momento. Cromosafari implica inoltre anche un che di esotico ed avventuroso. Potrei accostare così le tempere di Marini ai paesaggi africani di Klee, realizzati nel 1914, riguardo ai quali scriveva “Il colore mi possiede. Non ho più bisogno di rincorrerlo. Questo è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo tutt’uno. Io sono pittore” o le opere di Barone a piste segnate nel deserto, con l’ora più calda che annulla i colori mentre dal bianco emergono solamente oasi variopinte. Potremmo allora sintetizzare il titolo come “viaggio avventuroso nel colore” e ciò basterebbe a dare una chiave di lettura all’esposizione. Andando più nel particolare, invece, gli spunti da evidenziare sono diversi. Nino Barone compie un altro passo avanti nella sua personale ricerca artistica. Dalle Y dei primi anni ’90, tracce serializzate in bilico tra informale segnico e comunicazione, ai Geocartoon, archetipiche scarnificazioni dell’urbano ridotto a traccia e mappa su fondi ambientali e vitali, fino alle ultime decostruzioni con le linee che, ormai disgregate, proseguono per frammenti di spazio modulato in maniera disorganica, con queste ultime opere ritorna all’interno del supporto anche se qualcosa è cambiato. E’ mutato lo sfondo, diventato ormai neutro e monocromatico, si sono modificati gli inserti cromatici che fungono da scena, diventati geometriche e piatte figure colorate, si sono diradate le linee che organizzavano le mappe. Si avverte pertanto il senso di una perdita ed un certo pessimismo di fondo poiché i lavori, pur impostati su solidi segni linguistici (cifra stilistica personale ormai acclarata) che scavando nell’essenza di un sistema globale veicolano tracce intime sottoforma di comunicazioni, più che aprirsi alla vitalità del colore, unico elemento capace di liberare l’uomo dalla pesantezza dei luoghi, sembrano retrocedere. Il colore è confinato in sporadici moduli geometrici mentre intorno domina un bianco il quale più che purezza appare vuoto, e quindi privazione di spazio. Le poche linee rizomatiche ci raccontano di strade ormai abbandonate, attraversamenti in disuso, sentieri ricavati a forza sulla tela nei quali non viaggia più nessuno. E poiché la comunicazione, e anche il progresso, avviene soprattutto attraverso il viaggio che mette in contatto nuclei (o insiemi) diversi, questa rarefazione del segno e del colore non può che apparire come una sconfitta, paradigma di un’illusione ormai diventata interruzione. Ma siamo pur sempre qui a commentare una traccia e questo è pur sempre un evento positivo.
Tommaso Evangelista
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