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lunedì 23 marzo 2015

Il Premio Termoli in Comune

Dante Gentile Lorusso, "Frammenti", trittico, 2000

Si intitola ‘Il Premio Termoli in Comune’ l’iniziativa che vede l’affissione di alcune opere del Premio Termoli nella Sala Consiliare del Comune di Termoli. Iniziativa volta a sottolineare la volontà di valorizzazione del Premio Termoli da parte dell’attuale Amministrazione Comunale.
“Abbiamo selezionato opere di artisti molisani – spiega il sindaco Angelo Sbrocca – perché crediamo che abbiano dato un forte contributo alla storia del Premio Termoli e siamo convinti che l’arte in generale e in particolare il Premio Termoli possa essere una risorsa primaria per la nostra città, da un lato per attrarre turismo, dall’altro per donare bellezza ai termolesi che sono i veri proprietari delle opere”. 
La scelta di esporre le opere del Premio Termoli in Sala Consiliare è solo una delle azioni previste per valorizzare il patrimonio artistico della città di Termoli.
Ecco le opere scelte per la sala Consiliare.

Achille Pace ‘Punti nello spazio’
Luigi Petrosino ‘Ascesa azzurra’
Dante Gentile Lorusso ‘Frammenti’
Ettore Frani ‘Senza titolo’
Nino Barone ‘Senza titolo’
Mario Serra ‘Senza titolo’
Ernesto Saquella ‘Albeggiare (frammento)’
Massimo Palumbo ‘Da “I bianchi” sovrapposizioni’
Paolo Borrelli ‘Corsi di vuoto’

lunedì 9 marzo 2015

Dante Gentile Lorusso - Appunti Eclettici


Dante Gentile Lorusso "APPUNTI ECLETTICI"
14 marzo - 23 aprile 2015
Campobasso, Galleria Artes Contemporanea, Via Elena, 60.
Inaugurazione: sabato 14 marzo ore 18.30

"Appunti eclettici/Appunti partigiani"

Gli “Appunti” di Dante Gentile Lorusso più che eclettici somigliano a dei veri e propri appunti partigiani per il tentativo, austero, di catturare nella forza del segno uno spazio della memoria e dell’assenza, come se il tempo si fosse infilato tra le pieghe dei tratti per comporre e scomporre forme dal sapore metafisico. Si tratta di piccole opere, veloci testimonianze di vita, realizzate nel corso del 2014 su cartoncini e inviti, e quindi nate in forma di frammento, o meglio di scrittura “politica” poiché è il racconto, in conformazione metaforica e trasfigurata, a guidare il tentativo di lettura del contesto. Un attraversamento nel limite del segno e che caratterizza anche il suo ritorno all’espressione pittorica e alla gioia del colore che aveva abbandonato da anni. Tentativi per indagare nuove possibilità espressive e recuperare al contempo remote impressioni. L’ambientazione di partenza, naturalmente, è quella molisana che l’artista cerca di ricreare nella distanza della traccia e dell’impressione che diventano l’una simbolo e l’altra figura. Ne nascono profili densi come “tipi” di carattere che Dante, memore della Commedia, cerca di stigmatizzare nei limitati spazi dei fogli nei quali prevale un colore rosso vivo, il colore della politica e dell’attivismo ma anche e soprattutto del sangue e dell’azione. Le forme/forze scultoree ricavate dalle matite sono trasformazioni di manie e di esempi che trovano spiegazione nell’attinenza all’oggi e nella contemporanea sottrazione all’appartenenza, per cui diventano categorie generali di vizi contro i quali il pittore sembra combattere una silenziosa battaglia fino a rimanerne scomunicato. Il tratto è denso, quasi chiuso nella devozione, e ricorda alcuni disegni di Tito, il segno primitivo e “mediterraneo” come quello di Licata diventa incisivo e simbolico mentre la definizione delle forme acquista un’aria trascendente e surreale, prima di perdersi in un poetico minimalismo (si veda “Rosso”) quasi stregonesco, frutto di un’evocazione interna più che di una sintesi del reale. Le invettive segnate nella scomposizione, invece, vengono dall’amore per Pettinicchi e da quel Generale che tanto aveva impressionato il pittore da giovane e dall’orrore sacro di Bacon. Appaiono delle ombre, energiche nei chiaroscuri solcati, e delle lettere reali e immaginarie; compaiono delle tracce semplici e sciolte, raffinate nel tentativo corsivo di una grafica personale, che si smarriscono nello spazio e trovano forze nascoste nei titoli che sono il vero fulcro del racconto. Ritorna in tal modo l’idea iniziale della scrittura e dell’appunto. Si legge allora il rientro raffinato nella composizione e nella sperimentazione quasi letteraria per sondare lo spazio trasversale delle immagini, cupe e ossute come le sagome delle miniature tanto che, nell’insistenza nei tratti e nel colore puro e acceso, sembra quasi di vedere, in chiave attuale, le esili illustrazioni del "Chronicon Vulturnense", tanto per rimanere nel contesto del Molise. Vi è di certo il racconto, e l’intimo desiderio di un distacco e di una difesa, e così è l’io narrante del Cavaliere Inesistente di Calvino a confidarci cosa sia per il pittore-guerriero, protetto dalla sua corazza, la scrittura e l’arte: «Ogni tanto mi accorgo che la penna ha preso a correre sul foglio come da sola, e io a correrle dietro. È verso la verità che corriamo, la penna e io, la verità che aspetto sempre che mi venga incontro, dal fondo d'una pagina bianca, e che potrò raggiungere soltanto quando a colpi di penna sarò riuscita a seppellire tutte le accidie, le insoddisfazioni, l'astio che sono qui chiusa a scontare».
Tommaso Evangelista

Aspirante gerarca del mio paese

Oct 2014

Portatore sano di spocchia


Antonio Finelli - L'illusione del corpo


Antonio Finelli 
STRUMENTI DI VIAGGIO

A cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio

Inaugurazione mostra 18 marzo 2014 ore 17,30

L’ARATRO inaugura una nuova mostra personale dell’artista molisano Antonio Finelli (Campobasso 1985, vive tra Roma e Campobasso), un ciclo di diciannove opere recenti accomunate da un disegno rigoroso e corrosivo che unisce leggerezza ed esattezza, da uno sguardo impeccabile che nella sua qualità rappresentativa mette in discussione le nostre certezze.
Antonio Finelli sviluppa la sua attenzione per i volti e il mondo delle persone anziane e il suo stile rendendo ancora più efficace il suo metodo attraverso l’uso di una grafite portata a un grado estremo di nitore formale. Nei suoi ritratti più recenti, Finelli ha scelto di lasciare delle parti incompiute, eliminando volutamente delle zone spesso decisive per il completamento delle immagini e aumentando il senso di inquietante spaesamento generato da opere dove il non-finito mette in crisi le sicurezze dello spettatore generando un vero e proprio cortocircuito visivo elaborato con una raffinata sapienza iconica e costruttiva. Finelli ha quindi rafforzato il suo metodo compositivo, portandolo a una nota più intensa dove il suo gesto paziente fa vibrare sottilmente la materia della grafite depositata sul supporto, infondendo un senso paradossale a queste opere che appaiono allo stesso tempo bloccate in una fissità quasi allucinata e mosse impercettibilmente dalla dialettica tra le zone terminate in modo impeccabile e le parti “risparmiate” che parlano in modo ancora più eloquente attraverso il linguaggio del silenzio e del vuoto. La solitudine e la saggezza, la felicità e il dolore, la consapevolezza e l’assenza si fondono pertanto nella sintesi limpida e incisiva dei suoi ritratti che compongono una galleria di grande rigore che però non evita la una possibile immedesimazione dell’artista in queste opere che, non a caso, intitola Autoritratti, come per calarsi nel corpo e nelle fattezze delle donne e degli uomini a cui dona una nuova esistenza attraverso la sua azione figurale.
Finelli, tuttavia, nel suo personale (iper)realismo lavora ambiguamente sull’idea dell’illusione che lega la percezione dell’opera d’arte e quella del mondo, mettendo simbolicamente in evidenza non solo i limiti della rappresentazione e della nostra visione della realtà, ma anche il limite della nostra stessa fisicità e delle singole identità in dialettica con le dinamiche collettive della vita.
In questo modo le zone bianche, le pause e le cesure di questi ritratti creano un effetto quasi drammatico che mette in rilievo quello che la rappresentazione e la comunicazione non solo mediatiche, ma anche politiche, sociali e interpersonali tendono a occultare creando un velo di illusione dove tutto viene ammorbidito e smorzato in una falsa quiete, in una tranquillità artefatta generata da una volontà di nascondimento.
Gli occhi e le bocche degli anziani sono così cancellati metaforicamente da Finelli per evidenziare forse l’illusione di normalità che tende a celare la loro stessa presenza, l’oblio che li avvolge facendo smarrire il loro sguardo e la loro voce, in un sistema in cui la loro stessa presenza fisica viene dimenticata ed espunta in un meccanismo di occultamento dove il corpo viene illusoriamente trasformato in una presenza irreale e immateriale.

Antonio Finelli (1985), vive e lavora tra Roma e Campobasso
Ha studiato presso il liceo artistico G. Manzù di Campobasso e l’Accademia di Belle Arti di Roma.
si è formato attraverso la conoscenza e la collaborazione con importanti artisti quali Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Giosetta Fioroni, Luigi Ontani, Carla Accardi, Jannis Kounellis, Giuseppe Penone.

http://www.antoniofinelliarte.it/

domenica 1 marzo 2015

"Paesaggi Urbani in Evoluzione"

Il blog Arte in Molise partecipa con una selezione di scatti all'idea dell'artista molisano Domenico Cornacchione che per l'occasione ha ideato una sorta di esposizione nello spazio virtuale del web. Partendo dall'immagine-feticcio e dalla forma della città, come veicolata nel contesto mutevole di internet e dall'occhio asettico del satellite, l'artista, attraverso un processo di sottrazione e spaesamento, ricostruisce la propria "forma" urbana per mostrare una realtà dinamica e in mutazione, uno spazio illusorio in divenire e in contrasto col paesaggio naturale.

DOMENICO CORNACCHIONE
PAESAGGI URBANI IN EVOLUZIONE - SPAZIO VIRTUALE

Mostra d'arte contemporanea nel web
5 marzo – 3 aprile 2015

Fare arte nel web è possibile, e non rappresenta nemmeno una novità assoluta. Uscire dai consolidati circuiti dell'arte contemporanea è, forse, un dovere per gli artisti d'oggi. Trovare nuove forme di diffusione artistica è un gesto d'avanguardia.
Già dai primi anni '90 l'arte si è insinuata nel nuovo spazio virtuale tentando di sfruttarne l’evidente potenziale globale di condivisione, nonostante questo, però, resta spesso un prodotto di nicchia, difficile (o impossibile) da commercializzare e quindi di poco interesse.
Domenico Cornacchione, artista attivo soprattutto in scultura, abbandona per un attimo le sue "Azioni Scultoree" per dedicarsi al progetto "Paesaggi Urbani in Evoluzione", una serie di lavori che vanno dalla fotografia alla pittura, dalla scultura alla video arte passando per l'arte digitale. Paesaggi Urbani in Evoluzione, presentato in anteprima nel maggio 2014, diventa ora una "mostra digitale" dal titolo "Paesaggi Urbani in Evoluzione - spazio virtuale" fruibile solo attraverso la rete, una mostra dal chiaro sapore ambientalista e che, grazie alla simultaneità della fruizione globale, vuole stimolare una discussione attiva con il pubblico, anche attraverso i social, utilizzando l’hashtag #PaesaggiUrbaniInEvoluzione. Cornacchione cerca un pubblico/cittadino attivo, critico, vuole rompere il tradizionale silenzio delle sale museali e intraprendere una discussione altrettanto silenziosa nei toni, ma vivace e costruttiva nei termini e nei contenuti, mirata a stimolare la presa di coscienza individuale sulla tutela dell’ambiente. Parlare di ambiente è, per Cornacchione, un dovere; la presa di responsabilità individuale è un obbligo.
Una continua rincorsa dentro una metropoli in costante espansione su un territorio ridotto a una griglia quadrettata e senza identità, questo è il progetto “Paesaggi Urbani in Evoluzione”. Una mostra on line, curata dall'artista stesso, che comprende una serie di immagini digitali, pubblicate su questo blog, sul sito dell'artista www.domenicocornacchione.it e su diversi altri siti e blog, tra cui quelli di Associazioni Ambientaliste, enti pubblici, Associazioni Culturali e gallerie. Siti e blog che diventano, per un mese, spazio espositivo.
Perno della mostra è l'opera video realizzate da Cornacchione e pubblicata su YouTube. Un video a disposizione di tutti, a patto che sia trasmesso solo in modalità on line e mai scaricato, un video prodotto direttamente per il web, e pensato appositamente per essere esposto in questa mostra senza un luogo fisico preciso, ma contemporaneamente in tutto il mondo. Cornacchione ci fa vedere le nostre città da una prospettiva insolita, spesso dall’alto. Ci tira fuori dal paesaggio urbano e ci costringe a guardarlo in maniera asettica, non siamo più in grado di esprimere un giudizio su quello che stiamo guardando, non riusciamo a capire perché la vista di un territorio ridotto a una griglia da riempire con nuovi palazzi non ci disturba come dovrebbe, anzi, ci incuriosisce, ci appare naturale, come se la fine di quel territorio non potrebbe essere che quella. Siamo addirittura contenti se riusciamo a riconoscere la città rappresentata, e ci pare di aver avuto un’attenzione particolare se nell’immagine che abbiamo di fronte ci appare il nostro quartiere. La nostra reazione è identica, non importa se nell’immagine di fronte a noi vediamo un centro storico con le sue chiese e monumenti o una spoglia periferia mal disegnata (o non disegnata affatto). Cornacchione ci mette in chiaro la nostra rassegnazione all’evoluzione, che sia essa positiva o negativa. 




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