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mercoledì 27 agosto 2014

Christo e Jeanne-Claude all'Officina Solare - Manifesti e fotografie


CHRISTO E JEANNE CLAUDE
Manifesti e fotografie dal centro culturale Il Campo

A cura di Renato Marini e Tommaso Evangelista

30 agosto / 11 settembre 2014
Inaugurazione sabato 30 agosto 2014 ore 19.00
Aperta tutti i giorni ore 19.00 / 21.00
INGRESSO LIBERO

OFFICINA SOLARE GALLERY
Via Marconi, 2 Termoli
info: 329.4217383


Testo critico

L’arte di Christo è un’arte della differenza e della ripetizione incostante, ancorata ad un mondo poetico da materializzare nello spazio vitale del paesaggio e della topografia urbana. L’impacchettamento non è altro che un disperdere la vista, dal dettaglio all’insieme, per percepire l’elemento racchiuso come traccia puramente segnica slegata dalla composizione e dal contesto. Un retrocedere di piani visivi fino al grado zero del volume messo a nudo. Gli interventi sono concettuali e minimali allo stesso tempo, inquadrabili nella cosiddetta “land art” ma volutamente slegati da forti implicazioni politiche in quanto l’artista ha sempre ricercato nel fruitore reazioni di godimento e di stupore. E’ un voler prendersi cura dello spazio comune e il tentativo, forse ultimo, di un’etica della progettazione e dell’esecuzione, nell’insistenza primaria per il “coprire per svelare”. Cito da un’intervista a Christo e Jeanne-Claude, sua fedele compagna di vita e di ricerca artistica: G.: "Qual è il significato dell'impacchettare altre opere d'arte?" C.: "Il significato sta nel dare un'altra visione dell'opera in questione." J-C.: "Una volta un uomo mi chiese che differenza c'era tra una bicicletta impacchettata e una donna impacchettata. Gli risposi...Messieur, se non conosce la differenza tra una bicicletta e una donna, lei ha dei problemi!". Per Christo l’arte è un’entità assolutamente dinamica che si pone come regola quella di mettere in relazione le persone, gli elementi della natura, la luce, lo spazio, il colore. Ponendo in comunicazione il pubblico con il proprio passato e la propria ricchezza, naturalistica ed artistica, l’artista arriva così a materializzare l’idea di opera come monumento, non rappresentativo o simbolico bensì identitario e allo stesso tempo alieno. La sua è un’architettura dell’effimero, barocca e volutamente anti-moderna, in quanto non basata sull’accumulo e l’eccesso bensì sulla dispersione ed estensione dello stimolo. La massima entropia ottenuta con una progettualità minimale, fatta di pochi segni significanti moltiplicati fino alla saturazione dello spazio. Proprio per il carattere effimero e temporaneo delle azioni l’artista ha lavorato molto sul versante della progettazione e della documentazione, tanto che oggi di “originale” rimangono solo i progetti, i disegni e le fotografie. Le opere di Christo venivano smantellate dopo un certo periodo di tempo e toccava allora alla fotografia fermare l’istante, la composizione, l’impressione spaziale e cromatica per trasferire, immutabile, l’opera nel futuro. Poiché in assenza di scatti il progetto scomparirebbe del tutto non appena concluso è bene allora intendere la fotografia come parte integrante del linguaggio. Lo conosce bene questo sistema il fotografo Wolfgang Volz il quale ha documentato buona parte delle opere dell’artista e che, attualmente, è direttore tecnico dei lavori. Proprio per la loro natura pubblica, le installazioni di Christo sono fotografate da migliaia di persone essendo fuori da ogni museo o galleria, fuori da ogni controllo, e il compito di Volz, che ha collaborato con la coppia dal 1971 e ha seguito tutti i loro progetti, è quello di comunicare ufficialmente il lavoro, studiarlo e diffonderlo. Volz, infatti, è l’unico fotografo ufficiale e la sola persona che può editare e vendere le immagini delle realizzazioni, immagini che sono spesso stampate in edizioni di grande formato. Il suo contributo, allora, diviene fondamentale per diversi motivi: l’opera è intrasportabile, è strettamente legata ad un luogo, è temporanea, è interamente autofinanziata grazie alle vendite dei bozzetti e delle edizioni fotografiche. Per questo motivo i manifesti della collezione del centro culturale Il Campo acquistano una particolare valenza in quanto autentiche espressioni dell’artista e uniche testimonianze ufficiali dei suoi lavori. Nell’epoca della riproducibilità tecnica, smarrita l’opera nella temporalità dell’evento, rimane solamente il mostrare con la fotografia che, acquisendo uno specifico punto di vista, da una parte limita la fruizione integrale e dall’altra condensa la durata in un frammento denso come l’intero processo. Il processo di Christo è l’evidenza della morfologia ideale dello spazio attraverso un segno cromatico e materico. Le opere de Il Campo sono manifesti fotografici firmati in originale da Christo e Jeanne-Claude, donati in occasione del ventennale, nel 2000, del celebre centro culturale di Campomarino il quale, diretto dall’artista Renato Marini, è riuscito a proporre negli anni personali e collettive di indubbia qualità. Le fotografie di grande formato (70x100 e 50x70) e le cartoline più piccole, che documentano i più famosi interventi dell’artista dall’imballaggio del Pont Neuf (settembre 1985) a quello del Reichstag (giugno 1995), da The Gates (2004-2005) a The Umbrellas(1984), sono esposti per la prima volta a Termoli dopo essere stati presentati a Roma, a palazzo Malaspina ad Ascoli, e naturalmente al centro Il Campo, dove sono entrate stabilmente in collezione. La donazione, pertanto, è stato un omaggio dei coniugi alla galleria, a testimonianza della stima e dell’apprezzamento del lavoro di questa piccola realtà che ha contribuito nel suo piccolo alla storia dell’arte contemporanea in Molise nel secondo Novecento.

Tommaso Evangelista

lunedì 18 agosto 2014

Arte contemporanea e sport a Capracotta



Quando l’arte dipinge lo sport.

Dal 10 Agosto al 10 Settembre, presso il Comune di Capracotta, sarà in esposizione la collettiva d'arte contemporanea, allestita in occasione del centenario della fondazione dello Sci Club locale. Domenica 10 Agosto ha avuto luogo l'inaugurazione, alla presenza delle autorità locali, che hanno sottolineato quanto sia importante l'evento per il Comune stesso. Poiché la mostra era associata ai Campionati Europei di sci di fondo, previsti nel mese di Marzo e non più svolti a causa della mancanza di neve, il tema delle opere è stato lo sport e la neve.
Nel corso dell'inaugurazione sono stati premiati gli artisti che si sono maggiormente distinti per la qualità dei propri lavori. Il primo premio è stato ricevuto da Mariagrazia Colasanto, mentre tre menzioni di merito sono state conferite a Michele Inno, Paolo Emilio Greco e Barbara De Renzis.
La commissione giudicante è stata composta da due critici d'arte: Gioia Cativa, membro dell'associazione SM'ART, organizzatrice dell'evento, e Grazia Nuzzi, di Mondragone, nel ruolo di critico esterno.
In Molise  le comunità montane sono un insieme di perle paesaggistiche dal forte impatto emotivo e sensoriale: paesaggi mozzafiato che si librano a centinaia di metri d’altezza , scrigni di una natura incontaminata e aria pulita che brillano davanti agli occhi di chi osserva: in particolare, il comune di Capracotta  “festeggia”il centenario dello “SCI CLUB CAPRACOTTA”, da sempre attivo nella promozione culturale e sportiva del paesino altomolisano.
Lo sport è un insieme di valori volti alla collaborazione reciproca  e al rispetto del prossimo: lo sport aiuta a crescere in armonia con noi stessi e con gli altri. L’attività sportiva, come molti altri temi, è stata oggetto di rappresentazione nell’arte, sia in pittura che in scultura; difatti, già nell’antichità, la plasticità di un corpo colto in un gesto atletico è stata oggetto di riproduzione artistica (es. il “Discobolo” del V sec a.c.). L’arte antica, soprattutto quella greca, ha prestato attenzione alle gesta degli atleti ed ai loro movimenti riproducendoli in più occasioni. Non di rado, però, l’attività sportiva si confonde con la pratica guerresca o con la sporadica prova d’abilità: questo ha impedito, in più occasioni, la nascita di una specifica forma di rappresentazione dell’evento sportivo o dell’atleta. Il rapporto fra arte e sport si rafforza nel Novecento, dove, da attività elitaria, divenne una pratica di massa, trovando la sua “manifestazione” artistica nel Futurismo di Marinetti. Nel XX secolo lo sport diventa lo scenario dove la mente dell’artista si muove per cercare nuovi punti di vista; infatti, i Futuristi si concentrarono sulla velocità, i Metafisici sulla statuarietà ed i contemporanei trovarono il pretesto  per dare libero  sfogo ad inedite soluzioni formali. Nel tempo, si hanno ripetuti punti di raccordo fra arte e sport, ora volti ad esaltare vecchi valori, ora proiettati nella modernità o nel futuro nel segno del dinamismo (vd. Enrico Prampolini “Dinamismo di un ciclista”, 1921) e  della velocità (Marco Sironi “Auto in corsa”, 1918). Lo sport nell’arte del XX secolo, trova una sua perfetta dimensione, la sua migliore interpretazione, vigorosa, viva, dinamica: Futurismo e Metafisica sono i movimenti ideali nei quali lo sport trova la massima espressione dei suoi punti vitali, in concomitanza con una società in continua evoluzione e trasformazione, sotto le parole chiave del dinamismo e della velocità (es. Fortunato Depero “Nitriti in velocità”,1934).
La collettiva di Capracotta vuole evidenziare in chiave contemporanea lo sport, invernale nel caso specifico, attraverso i molteplici modi che l’arte mette a disposizione. È l’esaltazione dell’agonismo e della dinamicità: gli artisti sono chiamati a rappresentare lo sport in modo personale cercando di dare una forma alle loro idee. Questa esposizione è in gran parte un trionfo della pittura figurativa rispetto alle nuove sperimentazioni dell’arte; viene privilegiata un’iconografia classica del tema della neve: paesaggi, scorci, piste innevate raccontano le emozioni che si scatenano davanti il “manto bianco”. Assistiamo a rielaborazioni interiori personali  profonde degli stati d’animo degli artisti: questi si raccontano attraverso le pennellate ed i colori e “non colori”, le linee e le idee che “costruiscono” l’opera e le conferiscono una propria identità. Osservare le tele esposte diventa un “catarsi” in una condizione di atarassia, si entra in una condizione di empatia con le intenzioni dell’artista. Diversamente, alcune tele sono l’estensione della contemporaneità dell’arte, alcune vicine allo stile minimale, altre che puntano al figurativo ma con un forte accento metafisico per quanto concerne la forza dei corpi in movimento. È un’implosione della concettualità, “costretta” dentro una tela.

GIOIA CATIVA

domenica 17 agosto 2014

My homeaway from home - Maria Chiara Calvani



Fuoriluogo 17 - VIS a VIS - Fuoriluogo
Artists in Residence Project

Maria Chiara CALVANI - presentazione dell'opera
realizzata durante la residenza nel Comune di Limosano CB)

progetto:
Limiti inchiusi arte contemporanea
a cura di Silvia Valente

Regione Molise
Progetto Integrato Molise Arte e Cultura

Comune di Limosano (CB)
Comune di Oratino (CB)
in collaborazione con:
ARATRO - Università del Molise
Associazione turistico culturale - Limosano

MY HOME AWAY FROM HOME
di: Maria Chiara Calvani per Vis à Vis
a cura di: Silvia Valente

My home away from home è un modo di dire Canadese per parlare di un posto in cui normalmente non si vive ma in cui ci si sente come a casa.

A Limosano ad agosto è festa, sembra che tutti ritornino qui da qualche parte del mondo; immigrati di seconda e terza generazione vengono a ritrovare il loro passato, molti provengono da Toronto altri dal nord Italia o da altri paesi d’Europa e del mondo. Il paese si arricchisce di linguaggi diversi, di volti che ricordano i volti di un tempo; gli stranieri si riconoscono, si riabbracciano e si salutano per le strade del paese con gli anziani o chi invece è rimasto qui e da qui non se n’è mai andato.

Limosano, come altri paesi del sud che hanno vissuto il fenomeno dello spopolamento che a partire dal dopoguerra ha svuotato interi centri abitati sia in Italia che altrove, e che ha portato all’abbandono ed alla conseguente distruzione del tessuto architettonico, ha un’identità molle, capace di includere il diverso, quello che porta con sé un mondo nuovo, una nuova identità da un ignoto altrove. Così si mescolano geografie umane a geografie linguistiche e in questa diversità la comunità acquisisce coscienza di una possibile trasformazione culturale ed emotiva.

Ho aperto un ufficio d’ascolto nella piazza del paese facendo firmare dal sindaco un avviso rivolto a tutta la cittadinanza. Ho iniziato a chiedere alle persone che incontravo in piazza e per le strade se avevano il desiderio di raccontarmi un ricordo legato al loro passato, alla vita nel paese alto, ora luogo abbandonato che dorme e vigila insieme sul paese vivo quello abitato.

Ho raccolto testimonianze diverse: memorie legate ai giochi di un tempo, alla vita quotidiana, a momenti di convivialità in cui la comunità si radunava per festeggiare con riti religiosi momenti importanti della vita contadina, pezzi di storia riferita ai monumenti, storie di attivismo politico che hanno fatto di questo paese un punto di riferimento per la partecipazione alla vita cittadina degli abitanti, aneddoti legati al ruolo importante della donna nella gestione della vita della comunità, canzoni limosanesi e piccole memorie, ricordi di momenti difficili dei genitori e parenti degli immigrati. Ho composto una traccia di racconti cercando di legare insieme questi ricordi attraverso delle analogie che emergevano durante l’ascolto. E’ emerso un tessuto narrativo che intreccia vissuti passati e presenti accenti diversi e diversi lingue, emozioni e ricordi.
La voce di un paese descrive un’identità in mutamento e l’architettura è solo una parte di quest’identità.

La sera prima del laboratorio con i bambini di Limosano, con un gruppo di persone siamo andati a fare un’escursione nei vicoli del paese abbandonato. Siamo entrati in alcune case ed abbiamo osservato gli spazi ormai degradati e in uno stato di avanzato abbandono. Abbiamo preso alcuni oggetti e li abbiamo portati in cima al paese alto.

Il giorno abbiamo raccontato ai bambini del progetto di ascolto e registrazione delle storie delle persone e gli abbiamo mostrato gli oggetti cercando di descriverne i significati; li abbiamo inviati poi a pulirli per poterci giocare.
Il gioco consisteva nel prendere questi oggetti e ridare ad essi l’uso di un tempo. Con una pala di legno per sfornare il pane fare finta di prendere le pagnotte e appoggiarle su un cesto, con il battipanni battere un materasso per togliere la polvere, con lo “struculatore” (la tavola su cui le donne lavavano i panni) lavare gli stracci che erano serviti prima per spolverare gli oggetti fino ad arrivare alla fine del percorso, togliersi le scarpe ed infilare gli scarponi con le “centrelle” (le scarpe che indossavano le genti del paese in passato per non scivolare lungo le strade ripide e ghiacciate del paese).

Dopo il gioco abbiamo proposto ai bambini di inventare, con gli oggetti con cui avevano giocato, un oggetto che potesse contenere l’impianto tecnologico costituito da una tromba, un amplificatore, un lettore mp3 e una luce, una specie di contenitore delle memorie narrative del paese.
Sulla base dei progetti realizzati dai bambini abbiamo elaborato un marchingegno funzionale al posizionamento degli apparecchi.
Sono state utilizzate due sedie della vecchia chiesa, una panca della vecchia chiesa, lo struculatore, un cassetto di un vecchio mobile, un deschetto da calzolaio, un’anta di una dispensa.

Un marchingegno che ricorda la forma di un cavallo di legno partirà dalla piazza di Limosano la sera del 19 agosto per poi essere trasportato fino al paese alto e posizionato all’interno di una stanza del Palazzo. Tutti gli abitanti potranno ascoltare la voce del paese che dalla finestra “marechiaro” della stanza del Palazzo si diffonderà verso la piazza e la campagna intorno.

Testimonianze di:

Stella Romano: canzoni di emigranti di Limosano e canzoni di guerra limosanesi
Filomena Santarella: il ricordo delle centrelle e della festa di Sant’Antuono
Angiolina Giancola frammenti di vita in via delle ficine
Giuseppina: episodi di vita quotidiana nel palazzo, la storia del padre che parte per l’america
Gino Donatelli: la famiglia numerosa al paese alto
Fausto Colavecchia: l’episodio della ragazza con la minigonna
Trignetti Antonio: la vita al paese alto e il padre che parte per la guerra
Angela D’Alessandro Giancola: il ritorno del padre e Limosano
Linda Giancola: il racconto della partenza dei genitori da Limosano a Halifax
Francesco Bozza: cenni storici di Limosano
Pino Braia: Ahi Ahi Ahi
Marilena Pulla: Ritorno a Limosano
Corvinelli Maria: Sambrella e canti di processioni
Maria Giancola 7 sorelle per 7 giorni
Banda di Petrella musica
Giovambattista Romano i giochi antichi a Limosano
Fiorucci Mario quando si ammazzava il maiale
Eva Lombardelli Repubblicani e democristiani
Nicola Minicucci riflessioni legate alla politica del paese
Kadija El Rami da Casablanca a Limosano

Con la partecipazione dei bambini di Limosano: Luca Minicucci, Milena Minicucci, Lara Colavecchia, Clarissa Minicucci e Anastasia.

Con la partecipazione di: Lavinia Palma, Giacomo Capaldi, Laura Calderoni, Nichi Vendemiati e Tommaso Battista.
Montaggio del marchingegno: Nicola Covatta
Realizzazione rivestimento seduta del marchingegno e fibbie per l’amplificatore del marchingegno: Massimo e Carlo Fiorucci; un ringraziamento al Comune di Limosano, alla Pro-Loco, al circolo parrocchiale.per il supporto e l’ospitalità ed a Nino Covatta per la concessione della finestra marechiaro.

* Il progetto verrà pubblicato in rete e la traccia audio potrà essere ascoltata da chiunque abbia interesse.

giovedì 14 agosto 2014

Carta Canta. Disegni di maestri italiani


CARTA CANTA

Disegni di maestri italiani

Salvatore Amedei / Nino Barone / Giuliano Cardella / Alberto Casiraghi 
Giuliano Cotellessa / Domenico Colantoni / Giancarlo Costanzo
Dino De Vecchis / Fabio De Santis Scipione / Rossano Di Cicco Morra 
Alberto Gallingani / Tania Lorandi / Sergio Lombardo / Enrico Manera
Renato Marini / Gabi Minedi / Gian Ruggero Manzoni / Patrizio Maria
Antonio Marcovicchio / Pietro Massaro / Umberto Mastroianni  
Manuela Mazzini / Cleonice Gioia / Thierry Lambert / Achille Pace 
Ciro Palladino / Andrea Petrone / Michele Peri / Albino Pitti / Giacomo Porzano  
Mauro Rea / Leonardo Santoli / Gianfranco Sergio / Mario Serra

a cura di Nino Barone e Mauro Rea

16 / 28 agosto 2014

Inaugurazione sabato 16 agosto 2014 
ore 19.00 / 21.00

OFFICINA SOLARE GALLERY
Via MArconi, 2 Termoli

Aperto tutti i giorni ore 21.30 / 24.00
INGRESSO LIBERO

Presentazione


“Nulla è oggi negletto come il disegno.
Sembra che gli attuali pittori altro non abbiano in testa
che menare il pennello sulla tela”
G. De Chirico

Una collettiva incentrata esclusivamente sul disegno colpisce per l’attenzione a quanto di più meditato possa produrre un artista. Erroneamente oggi il disegno è visto come un divertissement quando invece sintetizza, nell’attimo della traccia, l’immediatezza dell’Idea oppure, nel caso di progetti elaborati, riduce e mette in schema il concetto e lo studio di fondo. La ramificazione del pensiero trova nel foglio di carta una prima gestazione, una disposizione di segni e simboli che è già architettura creativa e vitale. Si tratta, in fondo, di scrittura disegnata, di intensificazione dell’atto costruttivo e di comunicazione. La carta è pertanto un’informazione intima e segreta sul ruolo della rappresentazione. Scrive Silvana Macchioni, tra le massime esperte del disegno italiano, sull’Enciclopedia per ragazzi della Treccani «Un'idea, un'emozione, un progetto affidati a una trama di segni. Il disegno è una pratica comune a tutte le culture e a tutte le età dell'uomo. Per il bambino è uno strumento di conoscenza del mondo che lo circonda ed espressione del suo sviluppo percettivo e intellettivo; per i popoli non alfabetizzati è un mezzo di comunicazione visiva anteriore alla scrittura; per l'artista è un momento imprescindibile dell'ideazione e dell'esecuzione delle sue opere; per il designer è la progettazione della funzionalità e della qualità estetica dei prodotti dell'industria». E’ un processo complesso, quindi, che nasce da un bisogno umano di memoria, divulgazione e trasmissione ed ha l’originaria fonte ispirativa nell’Idea che l’artista conserva nella propria mente, a seconda della personale visione del sistema. Che sia un sommario o un dettagliato progetto, che cerchi un senso compiuto o sembri il frutto di ennesimi ripensamenti, in forma accurata o di schizzo, il disegno può definirsi l’etimologia della lingua visiva e la base imprescindibile dell’arte. L’artista con il disegno si spoglia di ogni ricatto materico, di ogni tentazione all’accumulo, e registra sulla carta l’immagine come capovolgimento e rovesciamento all’esterno dell’immagine interna, come aveva teorizzato Federico Zuccari nel 1607, ne L’idea dé pittori, scultori ed architetti. L’immagine interna, che corrisponde all’Idea, è severa, ascetica, rarefatta, e vive in un sistema di relazioni concettuali e dinamiche intime; quella esterna sul foglio è un’impronta psichica del concetto, è il contorno essenziale che fonde il misticismo della linea che caratterizzava l’arte classica e la visione della Natura e della Storia occidentale quale spettro della realtà, sintesi e simbolo. Il disegno va dunque a scoprire e svelare la parte immutabile e intangibile dell’essere, il segno recondito senza spazio e tempo della sua vera essenza. Evitando di soffermarmi sulle singole opere della collettiva, che non seguono un filo comune bensì presentano le ricerche di svariati artisti contemporanei italiani, distanti per studi ed analisi ma accumunati dall’uguale scelta del supporto e della tecnica, si può concludere che il Disegno, che il nostro Paese, nel corso della sua storia artistica, ha concorso ad esaltarne ed estenderne gli orizzonti di bellezza e significato, elevandolo a disciplina autonoma madre di tutte le altre espressioni, è realmente l’espressione dell’eternità.

Tommaso Evangelista

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