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lunedì 22 agosto 2016

Tre domande a Luigi Grassi

Nell'inconsueta ombra al M3TE


Una prima domanda riguarda la tua ricerca fotografica, da sempre attenta alle micro-dinamiche della regione, nel tentativo di catturare attraverso la fotografia i ricordi e i volti dei luoghi. Tale narrazione, vedi il caso della tua ultima mostra ospitata al METE di San Giuliano di Puglia, da singolare diventa complessa e pertanto le tue singole campagne si sommano presentando un unico e sfaccettato ritratto del nostro contesto socio-culturale. Ci vuoi parlare di questa tua indagine sul territorio?

Ho iniziato a fotografare ai tempi dell’Università,  solo perché la fotografia faceva parte del mio programma di studi, da allora la fotografia è diventata una vera passione, nel senso antico del termine, un’azione che agiva sull'animo, sul mio, e da allora non ho più smesso. Il mio primo lavoro è stato sul paesaggio urbano (Sudari), in seguito ho maturato la consapevolezza che un soggetto per me troppo poco intimo, o forse troppo vasto e sconosciuto, come la città, non rientrava nella mia poetica, non riusciva a scuotere la mia sensibilità e la mia curiosità. Così ho deciso di costruire il mio percorso personale partendo da ciò che mi apparteneva di più, ogni volta che ritornavo nei miei luoghi, tra le mie cose, sulla terra e sotto il cielo che mi ha visto nascere sentivo una motivazione forte al fotografare, questo mi ha fatto capire che dovevo partire con ciò che meglio conoscevo e che più sentivo come mio. Da qui ho cominciato a lavorare in luoghi fortemente circoscritti del mio paese, generando alcune serie fotografiche specifiche come Nell’inconsueta Ombra (Limosano), Oratino e un lavoro sugli elmi dei Sanniti dal titolo Eroi Sanniti, che sarà in mostra in autunno, scoprendo che nella realtà racchiusa era nascosto il mondo intero. Ho imparato a fotografare seguendo il Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci, questa esperienza oltre a darmi gli strumenti necessari per diventare un autore, mi ha messo in discussione rispetto alla fotografia e a quello che sentivo di dover indagare con questo mezzo espressivo, è stata una delle esperienze umane e artistiche più profonde e formative che ho fatto. I miei lavori sono diventati specifici, ogni realtà che ho affrontato attraverso la fotografia, è diventata per me una narrazione, del mio percorso e della mia terra. Ogni serie fotografica racconta una storia, e insieme queste immagini vanno a comporre un storia più grande che è la narrazione delle mie radici, dei volti delle persone che abitano ancora i piccoli paesi intorno a Campobasso, degli animali e della natura magnifica che circonda questa terra. Lentamente, senza volere, mi sono reso conto che la storia della mia Regione che stavo raccontando si stava trasformando nella Storia di uomini e donne, di luoghi che proprio grazie alla fotografia si spogliavano del contesto e acquistavano universalità. Nell'installazione Nell'inconsueta ombra presentata al Museo M3TE ho potuto coniugare la mia indagine interiore, con quella propria di ogni uomo, l'indagine del territorio molisano e delle sue radici è diventata specchio delle meraviglie e delle solitudini umane, cercando di imprimere nelle mie fotografie emozioni, tradizioni e solitudini. Il mio percorso fotografico è adesso una commistione di luoghi familiari e particolari che rappresentano però luoghi più ampi e universali, che permettono di conciliare la passione per la mia terra con un messaggio fotografico e narrativo più universale, questo mi ha portato ad esporre non solo nella mia Regione, che rimane per me il luogo di partenza e anche di ritorno, ma anche nell'ambito di manifestazioni nazionali e internazionali, tra cui i Rencontres d’Arles (Circuito Off), Biennale dei giovani fotografi al CIFA di Biebbiena, Premio Nazionale delle Arti, Festival Internazionale di fotografia a Roma, SI Fest di Savignano e a pubblicazioni importanti come un contributo per il volume “Doni” della Collezione Imagomundi di Luciano Benetton a cura di Chiara Pirozzi.

Oratino

Nel tuo lavoro conta molto la tecnica, la ricerca sull’analogico, lo studio degli effetti e delle emulsioni. È un’investigazione per molti versi anche pittorica. Qual è il rapporto tra tecnica, effetto e composizione quando scatti una foto?

Prima ancora di interessarmi alla fotografia, intesa come relazione fra me e il circostante e di fare delle vere fotografie, la mia prima passione è stata il laboratorio fotografico, la camera oscura  e la possibilità di sperimentare le immagini e le sostanze fotosensibili. Ho iniziato a stampare fotografie in bianco e nero e mi sono appassionato alle tecniche alternative, un revival delle tecniche di stampa ottocentesca. Inizialmente le fotografie erano appesantite da questa ricerca sui materiali per la stampa, perché ritenevo più importante il passaggio della camera oscura, credendo di aggiungere un ulteriore valore, solo successivamente ho capito l’importanza dello sguardo oltre a quello della tecnica. Crescendo ho realizzato che la poesia della fotografia sta principalmente in quello che si racconta, in ciò che trasmette e suscita l’immagine, lo sguardo è il punto di partenza e di arrivo, è il contenuto che si fa forma e non l’inverso. Ora questa passione per la stampa fotografica l’ho messa a disposizione dell’insegnamento al Centro per la fotografia Vivian Maier, la scuola di fotografia che insieme a due amici abbiamo aperto a Campobasso, organizzando prevalentemente corsi di tecniche di stampa per i principianti, il passaggio in camera oscura può essere un’esperienza molto formativa, un punto di partenza per entrare nel mondo della fotografia. Adesso riesco a conciliare l’elemento della stampa senza che questo prevarichi sul concetto dell’immagine, la forma diventa compendio del contenuto, lo completa senza alterarne l’essenza, un esempio sono le stampe, 40X50 cm, che ho fatto per il lavoro sugli elmi dei Sanniti interamente realizzate con la tecnica della stampa bruna. Un’altra esperienza importante è stata quella avuta con i miei studenti nell’area archeologica di Sepino, dove hanno fotografato gli scavi e stampato manualmente le loro immagini, la mostra è ancora visibile fino a settembre.

Centro per la fotografia Vivian Maier

“Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare”. Daniel Pennac. L’esercitazione dello sguardo, nella nostra regione “che non esiste” è un tentativo di preservare il senso, attuare quasi un’azione di resistenza dello sguardo. Come vedi e concepisci in generale la fotografia in rapporto a tali dinamiche?

La fotografia è un grande mezzo di indagine e narrazione. Lo sguardo fotografico diventa memoria, ma non solo, solleva le immagini dal tempo e dallo spazio contingente e le rende eterne. La narrazione di uno diventa la narrazione di tutti, il senso e il sentimento colti in un preciso momento diventano universali, gli oggetti si trasformano in emozioni, le persone in monumenti e la luce disegna e mostra armonie che sono proprie della scrittura, della musica, dei sogni. Bisogna sempre raccontare e raccontarsi, perché il racconto è mezzo di conoscenza e di indagine per se e per gli altri che leggono la nostra storia. Quando i miei lavori sui paesi molisani sono segnalati come esempio, nei festival di fotografia, come nel caso del lavoro su Oratino, oppure sono menzionati in qualche rivista specializzata, sono felice, sono felice perché sento di compiere un’azione importante a livello sociale e culturale per il mio paese. Per me fotografare il Molise con insistenza crea sicuramente una memoria, una nuova fonte dalla quale attingere in futuro per altre operazioni culturali, ma allo stesso tempo integra il mio paese con il mondo, regalandogli una fratellanza umana propria di ognuno, in ogni luogo. Il mio è un atto d’amore verso la nostra storia, le nostre case, la nostra terra. In questo momento sto lavorando ad una ricognizione sul paesaggio molisano e spero presto di poterne riparlare con te, grazie mille.

Tommaso Evangelista

Eroi Sanniti

Luigi Grassi - Nato a Campobasso nel 1985, Grassi si è specializzato in Fotografia come linguaggio d’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Dal 2008 collabora con PrimoPiano Napoli, una galleria dedicata alla fotografia, al design e alla video arte. Nel 2012 comincia a frequentare Lab, il laboratorio irregolare di Antonio Biasiucci, dove s’impegna ad approfondire il proprio metodo di ricerca personale. Le sue opere sono state esposte nell'ambito di diverse manifestazioni, nazionali e internazionali, tra cui i Rencontres d’Arles (Circuito Off), Biennale dei giovani fotografi, Arezzo Arte Expo, KunStart, The Darkroom Project, Premio Nazionale delle Arti, FOTOGRAFIA - Festival Internazionale di Roma, SI Fest Savignano Immagini, Photissima, Affordable Art Fair, Marche EXPO 2015, NAF - Napoli Arte Fiera.


Luigi Grassi

Nell'inconsueta ombra


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