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sabato 19 ottobre 2013

Un contributo del critico Picariello per il Forum sulla Cultura

Si parla di Stati Generali della Cultura in Molise e mi sento di condividere questa riflessione

SPECIALE CULTURA, “lettera a Michele Mignogna”, per un contributo al Forum Regionale sulla Cultura

Caro Michele mi chiedi qualche cartella per parlare della cultura e del solito stancante ritornello che ogni anno, dal dopoguerra ad oggi, celebra nei luoghi accademici della politica, delle università delle scuole delle amministrazioni di ogni genere e grado, il rito melanconico quasi mitologico saturnale della mancata rinascita artistica e culturale del Molise. Ogni anno la fotocopia identica e sbiadita del precedente copione si rimette in mostra con facce diverse e forse diversi sinceri impegni, ma con il certo unico risultato da rendere la partecipazione, di solito polemica e conflittuale dei partecipanti istintivi ( nessuno si preoccupa di revisionare gli atti storici o leggere qualche libro di riferimento che pur esistono sulla storia dell’architettura, dell’arte, della musica del teatro della danza e della letteratura pascolata dal ‘900 ad oggi nei territori molisani e abruzzesi e compararle con altre culture, non dico straniere, ma regionali) come un atto stancante continuativo a guisa delle fatiche di Sisifo “pre-Camus”. Ogni generazione qui è condannata, se non riesce a occupare una poltrona politica, a subire la dominanza della classe di mezzo ( di solito burocrati di computisteria) che la furbizia della classe colta e preparata, pone come una mantella ruvida sullo strato arcaico-pop-o(n)lus (gli antichi contadini di una volta quelli tanto amati da Antonio Pettinicchi o da Segantini, Previati, i macchiaioli e il realismo russo oggi tutti infilati come icone dimenticate nel quarto stato del figlio di agricoltori Giuseppe Pellizza da Volpedo) che a lungo andare ha perso il senso della vita. Ha perso l’identità radicale che tu racconti nella rappresentazione di rito etnico antropologico e che ben definisce la conoscenza della ricerca seria distribuita in forma di donazione sociale da personaggi umanistici (qualità che va ad estinguersi) come Mauro Gioielli e Franco Valente che considero persone colte e preparate del Molise.“[…]Prendiamo ad esempio le bellissime feste Patronali che si tengono in Molise tra la primavera e l’estate, non è forse cultura pure quella? La festa del grano di Ielsi, i carri di San Pardo a Larino, le Carresi dei comuni albanesi e di San Martino in Pensilis, i Misteri di Campobasso, non sono forse l’espressione di quella cultura popolare che ci portiamo da presso e che ci ha fatto crescere e sviluppare una serie di conoscenze diffuse sul territorio, e mi scuso con quelle che non ho citato. Possibile che questi, che io chiamo eventi, dobbiamo conoscerli solo noi molisani e nessun’altro?[…]”. Ti sbagli caro Michele, non sono eventi, sono riti antropici conosciuti molto bene ovunque esiste ricerca e verità del sapere. Esiste oltre Oceano, nella preziosa memoria dei documenti umani emigrati dal 1911 e che oggi si ripropone nelle discendenze che appena maggiorenni scelgono la sorte dell’autoemigrazione intellettuale alla ricerca di chi sa bene avvantaggiarsi di un prezioso prodotto gratuito formato a caro prezzo dalle strutture scolastiche molisane e poi regalate (per sindrome di follia imprenditoriale di massa) allo sfruttamento di investitori seri che selezionano e manovrano il bestiame-intellettuale di razza che noi abbiamo allevato e istruito a perfezione. Forse è l’archetipo rito del Ver Sacrum che si ripete inconsciamente nello spirito sannitico e barbaro germanico longobardo e italo molisano di qui? Chi può saperlo come si genera questo incredibile fenomeno. Chi può saperlo…Qui caro Michele il ‘900 deve ancora arrivare e nel frattempo si gioca sull’archeologia rinnegando ci sia mai stato un “impressionismo- espressionismo, un romanticismo, un futurismo (cui riferire i monumenti di V. Puchetti e le architetture artistiche magnifiche cimiteriali, di cui prima o poi, se non lo fa Valente, qualcuno se ne dovrà pure occupare) una POP art un Concettualismo, un Post- Modernismo, fino ai nuovi movimenti che inneggiano al Nuovo Realismo e, per fortuna, agli anni Settanta. Mi chiedi cosa si può fare? Ti rispondo: valorizzare i linguaggi, valorizzare le traduzioni, valorizzare qualunque forma di editoria sia cartacea che informatica,valorizzare la fantasia giovanile con qualunque mezzo e a costo di qualunque impegno sacrificale, valorizzare il paesaggio nei suoi aspetti sublimi e di segreto agrario, valorizzare il viaggio come forma di conoscenza geografica e di formazione, uscire dalla gabbia del vecchiume che uccide per dare aria ai polmoni giovani che meglio di qualunque generazione ha incamerato l’istinto di difesa contro chi li vuole morti e inutili. Rimandare a scuola (non è mai troppo tardi) le classi decisionali perché apprendano che sapienza e bellezza formano lo spirito di un popolo e che le arti sono l’anima del mondo che gira continuamente in un universo ancora sconosciuto. Il denaro serve, ma solo per creare valori di vita, non per la bramosia di qualche vecchio taccagno che ha imparato l’odore delle casseforti bancarie e non riesce più a vedere la primavera. Questo so dirti. Altro non mi viene facile… Antonio Picariello

P.S. riprendere dalle biografie degli artisti 1 Gémito e R. Viviani così perché mi sono simpatici e poi passare ai molisani scomparsi per dare senso alle loro vite di santi creativi – e.saquella, l. mastropaolo, antonio giordano, scarano g. marotta per dare esempio alle nuove generazioni che il senso della vita ha un senso solo se si è capace di credere in dei valori che altri prima di noi hanno difeso e amato.

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