Testo critico:
ANCORAUNITI…malgradotutto
"Come l'Arte, della quale è un ramo, la Pittura si nutre della linfa sociale; come la Poesia, essa esprime, lo voglia o no, qualche cosa della vita di tutti, delle credenze di tutti, dei presentimenti di tutti", scriveva Giuseppe Mazzini nel suo saggio La pittura moderna italiana, pubblicato per la prima volta nel 1841 nella rivista londinese London and Westminster Review. Mazzini, teorico dell’Unità d’Italia, si dimostrava anche attento indagatore delle espressioni dell’epoca, accorto soprattutto, però, a cogliere nelle opere l’Ideale, ovvero quella componente slegata dalla storia e dalla cultura che determinava da sola la sussistenza dell’opera come garante di verità. Questo breve accenno di letteratura artistica non può mancare in una mostra collettiva che vuole far omaggio ai 150 della nostra nazione, quantomeno per mettere a fuoco che tipo di arte era ritenuta opportuna nel periodo risorgimentale, un’arte di storia e di ideali, ma anche un’arte del potere e della celebrazione, se non addirittura della propaganda. Vorrei soffermarmi allora sul concetto di Unità, e sembra quasi una contraddizione data la diversità di opere e di artisti presenti in mostra. L’unità è sempre stata un concetto caro al mondo artistico, basti pensare alle famose dispute settecentesche sull’unità delle arti” (Ut pictura poesis) e ai tentativi, soprattutto barocchi, di fondere insieme pittura, scultura, architettura, realizzando una sintesi visiva di incredibile fascino. E se ci pensiamo bene, e guardiamo alla Roma barocca controriformata, tale unità, anche geografica, tanto bramata nell’ottocento, era già avvenuta, artisticamente, nel segno della Chiesa poiché i cantieri dell’Urbe brulicavano di maestranze provenienti da tutta la penisola, a differenza di realtà, come Bologna e Firenze, legate a scuole locali. La forma barocca è anche il frutto dell’unità artistica di tante menti eccelse. Per onestà intellettuale, quindi, parlando dei 150 anni, occorrerebbe distinguere l’Unità dal Risorgimento, considerando la prima un fenomeno di natura politica e il secondo di natura culturale, in parte criticabile in quanto venne a frantumare millenni di storia e di cultura giustificando l’azione correttiva sulla società con la pur sacrosanta idea dell’Italia unita. La giusta idea dello stato unico diventava motivo per disfare una cultura che aveva trovato già di per se l’unità, soprattutto attraverso e con le arti. Lo scrittore russo Fedor Michajlovic Dostoevskij, dopo aver affermato che i popoli italiani vissuti in questi duemila anni erano consapevoli di essere portatori di un’idea universale, dall’arte alla scienza, che aveva un significato mondiale, così ebbe amaramente a scrivere: “ma che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? E’ sorto un piccolo regno di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, (…) un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del su essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!”. Parole condivisibili se si pensa alla celeberrima frase di Massimo D’Azeglio “L’Italia è fatta, ora facciamo gli italiani” e alla mancata soluzione della “questione meridionale”, dovuta a interessi che hanno spesse volte lucrato sui problemi, invece di affrontarli e risolverli. L’arte, in tutto ciò, ultimata la stagione risorgimentale, non ha certo aiutato il popolo in questo cammino tanto che oggi siamo arrivati ad una condizione di assoluto disinteresse verso la cultura, l’elemento che più di altri dovrebbe concorrere alla concordia, o quantomeno alla nascita di un sentimento di vicinanza che ancora manca. E il problema non è solo nazionale ma anche regionale. Di certo non sarà di aiuto il disorganico e caotico Padiglione Italia della Biennale curato da Vittorio Sgarbi per le celebrazioni; resterà, invece, quale simbolo di questa decadenza della forma e dei valori l’opera di Pistoletto realizzata esplicitamente per l’occasione, “Stracci d’Italia”, risposta si alla tendenza iconoclasta negli anni settanta, ma anche metafora dell’impoverimento di una Nazione. Arte povera appunto. Con queste impressioni non si vuole minimamente sminuire l’evento, importantissimo e che dovrebbe essere recepito da tutti, quanto problematizzare il tempo e la storia. Riflettere sull’Unità come concetto estetico e di valore dovrebbe mettere il fruitore in una condizione diversa, come di chi non stia osservando un’esposizione didascalica e di vuota glorificazione, quanto un racconto sentito e complesso.
La mostra nel suo insieme cerca, attraverso la lente dell’arte contemporanea, un passato comune mentre gli artisti ricercano questa meta per strade diverse, riflettendo sui valori fondamentali del nostro essere nella società e nel tempo. Nell’odierna prospettiva multietnica e globalizzata dove ogni movimento produce se stesso e il suo contrario e anche il concetto di nazione sembra venir a mancare, il fatto di realizzare una mostra incentrata sul tema dell’Unità è un fattore positivo in quanto rifiuta l’idea nomadica di creatività, focalizzando lo sguardo sul locale. Non è chiusura o ripiegamento su se stessi ma calibrata riflessione sul presente, un presente che festeggia e celebra l’unità nazionale la quale, non per questo, deve essere accettata come dogma da esaltare. L’unità non deve essere la conclusione del processo, diventando pertanto chiusura, ma deve spingere a riflessioni trasversali che portino a problematiche nuove, non per forza condivise. La dialettica dell’unità è la maggior garanzia alla rinascita delle arti, o quantomeno al nostro tentativo di restare vicini…malgrado tutto.
(Boris BROLLO,Tommaso EVANGELISTA)
Enti Promotori: Assessorato alla Cultura del Comune di Termoli, Officina Solare
Luogo: Castello Svevo di Termoli
Data: 12/31 marzo 2011
Orario di apertura: 20.00 /22.00 tutti i giorni compreso festivi
Organizzazione: Lucia Di Miceli
A cura di: Boris Brollo e Tommaso Evangelista
Inaugurazione: sabato 12 marzo 2011, ore 18.30
Interventi di presentazione: Michele Cocomazzi (Assessore alla Cultura del Comune di Termoli), Boris Brollo e Tommaso Evangelista (Curatori) e Nino Barone (Officina Solare)
Info: 329.4217383
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